L’archivio digitale dedicato alla grande decorazione è nato in seguito al lavoro di ricerca condotto in occasione del PRIN 2010-2011 – La pittura profana dall’età barocca all’età neoclassica nell’Italia settentrionale, con particolare attenzione alla presenza dei pittori veneti e veneziani. Il compito primario del gruppo di ricerca veronese è stato la costituzione di un atlante iconografico della decorazione a tema profano presente sul territorio corrispondente all’attuale provincia di Brescia, creato attraverso la raccolta di materiali di repertorio e, soprattutto, di immagini digitali scattate in occasione di apposite campagne fotografiche condotte all’interno dei palazzi pubblici e privati che ancora conservano testimonianze risalenti all’arco cronologico prescelto. Il catalogo di immagini è accompagnato da schede di carattere storico e iconografico redatte da studiosi, dottorandi e studenti dell’Università. L’archivio è stato in seguito ampliato con schede dedicate alla realtà padovana, realizzate dall’Università di Padova all’interno del medesimo progetto PRIN. Per la schedatura dei propri palazzi, il gruppo patavino si è avvalso principalmente di materiale fotografico d’epoca.

Il database è strutturato in tre livelli connessi tra loro che permettono di spostarsi facilmente da uno all’altro (Scheda Palazzo, Scheda Sala, Scheda Immagine) e di condurre ricerche sulle personalità artistiche, sulle scelte iconografiche, sugli orientamenti della committenza e sulla diffusione di specifiche tematiche, utilizzando il motore di ricerca libera o avanzata.

L’immissione dei dati, a cura di Stefania Cretella, è stata effettuata con la collaborazione di Giulia Adami, Sofia Bergamini, Andrea Chiocca, Edoardo Lo Cicero, Nadia Giori, Mara Miele, Maddalena Oldrizzi, Sara Parisio, Emanuele Principi e Alberto Romanelli.

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    Ubicato in “contrà S. Agata e S. Cecilia”, il complesso dei Sambonifacio venne più volte rimaneggiato nei secoli dai diversi proprietari. La famiglia acquistò l’aggregato di immobili preesistente nel 1543, promuovendo un intervento di riassetto e trasformazione edilizia proseguito fino al secolo successivo con la riorganizzazione della corte interna. Su progetto del perito Tommaso Sforzan venne costruito nel 1669 il grande scalone di raccordo col piano nobile (Ulandi 1998, pp. 23-27), mentre nel 1795 il conte Malrugolato quondam Ercole promuoveva il rinnovamento del complesso sull’attuale via Barbarigo su progetto dell’architetto Antonio da Noale (Gennari, Notizie, 1739-1800, ed. 1982-1984, II, 1984,…

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    Palazzo Abriani
    Luogo: Padova

    Il palazzo, eretto nel Quattrocento, venne restaurato e modificato nel corso del XVII secolo da Vincenzo Dotto, e soggetto ancora ad altri rimaneggiamenti nel corso del Settecento e dell’Ottocento. L’intervento di Dotto, più precisamente, può essere assegnato al 1623, grazie all’iscrizione dipinta presente nella sala al piano nobile, che ricorda: ‹‹MAJORUM AEDES VETUSTATE LABENTES AD NOBILIOREM FORMAM RESTITUIT LAURENTIUS ABRIANUS HECTORIS FILIUS ANNO EFFRACTO CAPITIS SERPENTIS MDCXXIII››. Andrea Chiocca  

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    Palazzo del Capitanio
    Luogo: Padova

    È probabilmente sotto la reggenza del podestà Antonio Priuli (1598/1599–1600) che prende avvio il vasto programma di lavori edilizi, comprendente il nuovo palazzo del Capitaniato, sulle preesistenze della parte di levante del vecchio complesso della Reggia Carrarese. Tra il 1598 e il 1599 l’assetto architettonico di una parte della nuova residenza si può dire messo a punto. Nel 1606-1607 i lavori per il palazzo proseguono con la realizzazione della Sala delle Udienze e della Nuova Loggia, alla quale si accede tramite lo scalone progettato da Vincenzo Dotto (1607-1612). Alcuni anni più tardi nel 1626, durante il mandato di Vincenzo Gussoni,…

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    L’edificio di origine medioevale, attribuito ad Antonio Maggi, presenta scolpito, sui capitelli quattrocenteschi delle colonne del portico a livello strada, lo stemma della famiglia Dondi dall’Orologio e, sulla facciata, è decorato, al piano nobile, da una pentafora del XVI secolo. Modifiche furono apportate al suo interno da Galeazzo Dondi dall’Orologio, come si evince dal suo testamento del 1643 (Padova, Biblioteca Civica, Archivio Dondi Orologio, Testamenti delli N.N.H.H. Galeazzo, Francesco e Girolamo Dondi Horologgio, tomo 306, c. 209) e, successivamente, durante il XVIII secolo con la decorazione a stucco e la costruzione della cappella gentilizia. Andrea Chiocca

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    Fu un membro stesso della famiglia, l’architetto Giacomo Frigimelica, a dirigere l’imponente ristrutturazione che vide il palazzo trasformarsi fra il 1677 e il 1683. Nel secolo successivo, ad opera di Antonio Frigimelica, si colloca il restauro e l’ampliamento dell’edificio. Nel 1786 poi, per mancanza di discendenti diretti alla morte di Antonio, il palazzo passò interamente nelle mani della famiglia Selvatico. Le due figure di spicco che compaiono nei numerosi documenti pervenutici in merito alla decorazione del palazzo nel XVIII secolo, tra una nutrita serie di artigiani e artisti (per un approfondito elenco dei quali si rimanda a Ton 2018, p….

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    L’edificio ha mantenuto ancor oggi l’originaria facciata seicentesca: si presenta con un portico a bugne sormontato da un doppio ordine di finestre. Oltrepassato il portale principale che conduce al cortile interno, la prima porta a sinistra immette allo scalone. I lavori di ammodernamento dell’immobile, inclusa la decorazione degli interni, dovettero avvenire in occasione delle nozze tra il nobile Innocenzo Massimo ed Elena Raspi (avvenute nel 1786). Il programma iconografico, svolto riprendendo modelli compositivi cari ad analoghi esempi tardo settecenteschi (cfr. Tosato 2018, p. 310), rispecchia l’intento autocelebrativo del casato, con l’associazione dell’allegoria al tema mitologico che va a fondersi inscindibilmente…

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    Palazzo Maldura
    Luogo: Padova

    Il palazzo venne realizzato dall’architetto padovano Giambattista Novello per il giurista Andrea Maria Maldura, figlio di un commerciante, Federico, arricchitosi enormemente dopo essere giunto in città “con pochissimi quattrini” (Descalzi, Le Famiglie, XVIII secolo, c.205v): l’imponente fabbrica aveva dunque il compito di tradurre il peso economico e sociale raggiunto dalla famiglia, inserendosi in modo forte nel tessuto urbanistico della città (Olivato 1977, pp. 205-207). L’iscrizione sulla sommità della facciata lascia intuire che, nonostante i lavori siano probabilmente proseguiti per qualche tempo, le strutture principali dell’edificio dovettero essere concluse entro il 1769. La famiglia Emo Capodilista entrò in possesso del palazzo…

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    Il nucleo fondamentale è sempre stato considerato di epoca cinquecentesca (Gallimberti 1968, p. 361), ma sono state supposte modifiche consistenti nel corso del XVIII secolo (Bresciani Alvarez 1977, p. 179) in particolare per i tre finestroni centrali e il grande orologio sovrastante il cortile, supposizioni avvalorate dalle indicazioni di Gennari (al quale si rimanda in Notizie, 1739-1800, ed. 1982-1984, I, 1982, p. 345). Il ramo della famiglia Dondi dall’Orologio installatosi nell’edificio è quello così detto di “Borgo Schiavin”, antico nome dell’area dell’attuale via Carlo Leoni. Rossetti (1780, p. 340) attribuisce l’architettura del palazzo al padovano Vincenzo Dotto. Emanuele Principi

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    I Capodilista, per tradizione presenti a Padova fin dal IX secolo, si dimostrano essere nel corso della storia patavina una delle più prestigiose e abbienti famiglie della città (Cenni storici 1862, pp. I-24; Dizionario storico 1886-1890, ed. 1965, p. 226).Indubbiamente la casa di via Umberto I è la più nota dei loro possedimenti urbani, grazie al suo valore architettonico, trattandosi di un palazzo medievale in cui sono ancora presenti elementi duecenteschi (Calore 1972), restaurati e ammodernati per lo più nel Settecento, a cui si aggiunge la pregevole decorazione monumentale interna rococò e neoclassica, ancora ben conservata. Per quanto concerne il…

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    Dopo essere stato proprietà del patrizio Dionisio Contarini (Gullino 1984, p. 79) e successivamente sede della Congregazione dei poveri infermi e vergognosi, il palazzo venne acquistato nel 1647 dal procuratore di San Marco Francesco Pisani. Giudicato “non più usabile decentemente” l’edificio, Pietro Vettor Pisani (procuratore anch’egli) decise poi, al tramonto del 1782, di affidare i lavori di ristrutturazione del complesso all’architetto veneziano Gian Antonio Selva. Il Selva si adoperò in un recupero dei canoni classicisti, assoluta novità nel panorama architettonico padovano: il progetto prevedeva due corpi principali, il primo dei quali affacciato sul Bacchiglione: una corte interna lo separava dal…