Chiesa di Sant’Andrea

Chiesa di Sant’Andrea




Città:
Mantova

Provenienza:
Mantova, Sant’Andrea (fino al 1865); Mantova, palazzo Accademico (dal 1865 al 1915); Mantova, palazzo Ducale (dal 1915)

Autore:
Maestro di Sant’Andrea di Mantova

Titolo:

Madonna col Bambino e San Gregorio di Nazianzio

Tecnica e misure:
pittura murale strappata e montata su alveolare, 124,9x114,9 cm

Ubicazione:
Museo di Palazzo Ducale

Inventario:
inv. generale 11516

Restauri:

Entro il 1866 stacco dell’opera, estrattista ignoto
1959 restauro di Assirto Coffani (ASoMn, esercizio finanziario 1958/1959, pos. 3, Fondo straordinario per restauro opere mobili) (?);
1969 restauro di Assirto Coffani (ASoMn, anno finanziario 1969, pos. 3, Spese per il restauro);
1993 restauro di Marcello Castrichini (?).

L’affresco con la Madonna col Bambino e Santo Vescovo proviene dalla chiesa mantovana di Sant’Andrea: esso risale ad una fase antecedente il rifacimento albertiano della chiesa (1472), quando il complesso era ancora di proprietà dei benedettini. Una lettera del primicerio della basilica Carlo Savoia a Carlo d’Arco, del 20 novembre 1865, dà notizia del ritrovamento del murale, rinvenuto sopra l’altare della seconda cappella a sinistra; già in tale documento, si accennava al precario stato conservativo dell’opera, quando il dignitario, in chiusura, commentava: «Comunque, la mi pare una bella cosa, benché in molte parti patita» (doc. 1; cfr. L’Occaso 2011, p. 93).
Il murale venne strappato entro il 1866 e depositato dalla Fabbriceria di Sant’Andrea al Museo Patrio; Portioli ne dava così notizia all’interno della Relazione intorno ai monumenti pervenuti al Civico Museo di Mantova negli anni 1866-1867: «Da Mons. Primicerio e dalla Spettabile Fabbriceria di S. Andrea, fino dal 1866, fu depositato nel Museo un affresco alto M. 1.25, largo M. 1.17, il quale, di poco pregio artistico, acquista però una tal quale importanza per la storia dell’arte. È una Madonna seduta in una seggiola col bimbo sulle ginnocchia, ambidue con nimbo graffito. La Madonna poi ha una corona fatta di rose su di un fondo d’oro, del quale ancora ne restano traccie. Un vescovo egualmente nimbato, ritto, sta alla sinistra della Vergine. Il suo sguardo è volto alla Madre e al Figlio. Tiene nelle sue mani un grosso volume, simbolo dei dottori o padri della Chiesa. Porta il pallio ed i guanti gemmati. È difatto un vescovo santo o dottore, è S. Gregorio di Nazianzio, il di cui corpo si conserva in S. Andrea. Sulla sua testa vi sono ancora le traccie abbastanza riconoscibili di due lettere latine G. N., che ci indicano che questo santo è realmente Gregorio Nazianzeno, per essere le iniziali di questo nome. Una cortina azzurra prende tutta la larghezza del dipinto. […] Tutte le tre figure sono vestite di rosso, solo la Vergine ha un bianco velo che le discende dalle spalle. Sono di proporzione al naturale. Mancano alla Madonna e al Santo le estremità, che certo in origine avevano, ma che avranno perdute in seguito, quanto forse tutto il dipinto venne rimosso dal primitivo posto» (Portioli 1868, pp. 113-114). Stando a Portioli, data l’identificazione con il santo vescovo orientale, l’affresco potrebbe, in effetti, essere stato collocato nella cappellina dell’Annunciazione, intitolata nel 1498 anche a san Gregorio Nazianzeno (L’Occaso 2005, p. 300). L’affresco avrebbe quindi subìto un quattrocentesco distacco a massello, evidentemente legato a motivi devozionali; un’operazione di restauro “ante litteram” che avrebbe provocato la perdita di alcuni dei dettagli marginali della pittura, oggi non più visibili (fig. 1).
Nel 1915, l’affresco venne spostato dal Museo Patrio in Palazzo Ducale (cfr. Tamassia 1996, p. 58), sua attuale collocazione, dove venne registrato da Ozzola come “Madonna col Bambino e Santo Vescovo di scuola mantovana, sec. XIV” (Ozzola 1949, n. 36; Ozzola 1953, n. 36). Variamente attribuito all’ambito della pittura senese (Toesca 1951, p. 759; Paccagnini 1960, p. 268; Bazzotti 1993, p. 268; Zanichelli 1997, p. 42), della pittura toscana del tardo Cimabue (Ragghianti 1962, p. 36), della scuola lombarda della prima metà del XIV secolo (Matalon 1963, pp. 460-461) e infine della scuola emiliana (Spanio 1997, pp. 406-407), secondo L’Occaso il frammento è invece databile al 1320 o poco oltre, poiché mostra un giottismo di prima generazione (L’Occaso 2011, p. 94).
Dopo il suo ricovero presso il Palazzo Ducale, la pittura subì un primo intervento di restauro probabilmente nel 1959, a cura di Assirto Coffani; confrontando due immagini storiche, la prima inserita nel catalogo di Ozzola del 1953 (fig. 2), la seconda inserita nel volume di Paccagini del 1960 (fig. 3), si può intuire la rimozione in generale di alcune ridipinture e l’integrazione leggera di alcune lacune, soprattutto a livello del braccio destro di San Gregorio e delle aureole.
Nel 1969 la pittura fu oggetto di una campagna di restauro, condotta dallo stesso Coffani, che interessò undici frammenti di affreschi staccati provenienti dal Museo di Palazzo Ducale, per una spesa complessiva di 680.000 lire; come riportato nella relazione di restauro, le pitture si trovavano in uno stato conservativo decisamente precario, con «la superficie pittorica sporca e in parte intaccata da muffe e salnitro, in molte zone sollevata dai supporti in tela sui quali gli affreschi, oltre mezzo secolo fa, furono applicati con procedimenti nocivi, che hanno anche prodotto annerimenti e alterazioni del colore» (doc. 2); confrontando tale descrizione con alcune fotografie storiche scattate prima dell’intervento (figg. 4-5), tale precarietà doveva interessare anche il nostro affresco: l’intervento comprese la pulitura da ogni materia estranea, il consolidamento della superficie pittorica e l’intonazione delle lacune, mentre l’antico supporto ligneo venne sostituito da un materiale più performante e adatto alla conservazione degli strati pittorici (fig. 6).
Nel 1993, infine, il lacerto fu oggetto di una seconda campagna di restauro, condotta da Marcello Castrichini, che portò l’affresco al livello odierno di lettura (cfr. fig. 7); relativamente all’intervento, Stefano L’Occaso precisa che «un frammento in basso, relativo al bracciolo del trono, è stato mal ricollocato, ruotato in senso orario, col restauro del 1993, quando l’affresco è stato adagiato sull’attuale supporto» (L’Occaso 2011, p. 93).

Elisa Perina



Documenti:

Doc. 1
Mantova, 20 novembre 1865. Lettera inviata dal primicerio Carlo Savoia a Carlo d’Arco

Smovendo questa mattina una vecchia cornice di legno sopra l’altare della 2a cappellina a sinistra di questa basilica (la quale il nobile signor marchese Strozzi dietro mio eccitamento si è deciso di ristaurare e restituire all’esercizio del culto) si è rinvenuto un dipinto a fresco rappresentante la Madonna col Bimbo ed a sinistra un Santo Vescovo col pallio ed un libro. L’affresco sembra siavi stato traslocato da un altro luogo vedendosi l’indizio del muro col dipinto innestato nel muro della cappella. La maniera sembra a me più giottesca che mantegnesca: ma noti che io sono cieco di tali cose. Comunque, la mi pare una bella cosa, benché in molte parti patita.
(ASMn, DPA, b. 208).

Doc. 2
Mantova, 24 maggio 1968, Perizia di spesa, firmata dal Soprintendente Giovanni Paccagnini

Per i lavori di restauro di n.11 frammenti di affreschi dei secoli XIII-XIV-XV conservati nel Museo di Palazzo Ducale di proprietà statale del Comune di Mantova da eseguirsi in cottimo fiduciario. Spesa prevista in L. 680.000. […]
Relazione: gli affreschi sopra elencati furono strappati o staccati nella seconda metà del secolo scorso e all’inizio del secolo corrente da chiese demolite, e da altri edifici trasformati o scomparsi della città di Mantova. Si tratta di opere di grande importanza per la storia della pittura muraria a Mantova nei secoli XIII, XIV e XV, il cui stato di conservazione è però assai precario, come appare evidente anche dall’acclusa documentazione fotografica. La superficie pittorica, sporca e in parte intaccata da muffe e salnitro, è in molte zone sollevata dai supporti in tela sui quali gli affreschi, oltre mezzo secolo fa, furono applicati con procedimenti nocivi, che hanno anche prodotto annerimenti e alterazioni del colore. È pertanto urgente rimuovere dai predetti affreschi tutte le materie estranee che provocano il loro progressivo deperimento, e infine applicare i medesimi su particolari supporti rigidi in metallo leggero, appositamente studiati per la conservazione degli affreschi staccati.
(ASoMn, anno finanziario 1969, pos. 3, Spese per il restauro).

Doc. 3
Mantova, 24 novembre 1969, Certificato di collaudo, firmato dal Soprintendente Giovanni Paccagnini

Ho esaminato i lavori di restauro di n.11 frammenti di affreschi dei secoli XIII-XIV-XV del Museo del Palazzo Ducale di Mantova restaurati dal sig. Coffani Assirto residente in Mantova, via Frutta n. 2 ed ho constatato che il lavoro di consolidamento degli affreschi e pulitura della superficie pittorica di ogni materia estranea, intonazione delle lacune, rimozione dei detti affreschi dai vecchi supporti in tela applicati su telai di legno e loro riporto su nuovi telai rigidi in metallo leggero è stato eseguito con ogni cura e regola d’arte. Può essere quindi corrisposto al predetto restauratore il compenso convenuto e stabilito di L. seicentottantamila (L. 680.000).
(ASoMn, anno finanziario 1969, pos. 3, Spese per il restauro).



Bibliografia:

A. Portioli, Relazione intorno ai monumenti pervenuti al Civico Museo di Mantova negli anni 1866-1867, Mantova 1868; L. Ozzola, La Galleria di Mantova. Palazzo Ducale. Con 210 illustrazioni, Cremona, 1949; P. Toesca, Il Trecento, Torino 1951; L. Ozzola, La Galleria di Mantova. Palazzo Ducale. Con 212 illustrazioni, Mantova 1953; G. Paccagnini, Mantova. Le arti, I, Mantova 1960; C.L. Ragghianti, Codicillo mantegnesco, in «Critica d’arte», IX, 52, 1962, pp. 21-40; S. Matalon, Affreschi lombardi del Trecento, Milano 1963; U. Bazzotti, Mantova, in La pittura in Lombardia. Il Trecento, Milano 1993, pp. 265-294; L.O. Tamassia, I Musei Civici di Mantova, 1996; C. Spanio, Appunti per una storia della pittura mantovana tra Duecento e Trecento, in «Arte cristiana», LXXXV, 783, 1997, pp. 403-420; G.Z. Zanichelli, Miniatura a Mantova nell’età dei Bonacolsi e dei primi Gonzaga, in «Artes», 5, 1997, pp. 36-71; S. L’Occaso, Fonti archivistiche per le arti a Mantova tra Medioevo e Rinascimento (1382-1459), Mantova 2005; S. L’Occaso, Museo di Palazzo Ducale di Mantova. Catalogo Generale delle collezioni inventariate. Dipinti fino al XIX secolo, Mantova 2011, p, 92 cat. 9.



Elenco immagini:

1. L’opera nella attuali condizioni conservative (cat.9).


 

2. L’affresco pubblicato in L. Ozzòla, La Galleria di Mantova. Palazzo Ducale. Con 212 illustrazioni, Mantova 1953, fig. 12.


 

3. L’affresco pubblicato in G. Paccagnini, Mantova. Le arti, I, Mantova 1960, p. 269.


 

4. L’affresco prima del restauro del 1969.


 

5. L’affresco prima del restauro del 1969 (fotografia scattata a luce radente).


 

6. L’affresco durante il restauro del 1969.


 

7. L’affresco in una fotografia scattata nel 1996.