Chiesa di Santa Felicita (?)

Chiesa di Santa Felicita (?)




Città:
Verona

Provenienza:
Chiesa di Santa Felicita (?)

Autore:
Ambito di Francesco Morone

Titolo:

Testa di donna

Tecnica e misure:
pittura murale staccata, 25,5x27 cm

Ubicazione:
Museo degli Affreschi "G.B. Cavalcaselle"

Inventario:
inv. 582-1B533

Restauri:

1975 restauro di Pierpaolo Cristani
2001 restauro di Maurizio Tagliapietra

La piccola Testa di donna fu venduta dalla signora Teresa Ferruzzi al museo di Castelvecchio nel 1879, che assieme ad essa aveva acquisito altri venti frammenti di pittura murale staccata raffiguranti santi e martiri, provenienti dalla chiesa di Santa Felicita a Verona (Peretti 2018, p. 284). Dal momento che la chiesa, oggi sconsacrata, conserva ancora ampi brani di affresco attribuiti dagli studiosi al Secondo Maestro di San Zeno, l’opera fu inizialmente datata agli anni Quaranta e Cinquanta del Trecento (Sandberg Vavalà 1926, p. 351). Il dubbio sulla effettiva cronologia di realizzazione emerse solo decenni più tardi con lo studio approfondito del piccolo lacerto in sede di restauro, poiché l’immagine non presentava alcuna ridipintura antica e, per stile, si presentava senza dubbio vicina al gusto pittorico cinquecentesco, con particolare riferimento all’ambito di Francesco Morone (Peretti 2018, pp. 285-286). Vista la totale assenza di brani affrescati tardo rinascimentali nella chiesa di Santa Felicita, il dubbio sulla provenienza effettiva dell’opera rimane inevaso, e misterioso rimane anche il contesto pittorico di appartenenza poiché lo sguardo inerte, la posizione ieratica del volto e la figura a tronco di cono posta sul capo della donna potrebbero suggerire che il lacerto fosse parte di una cariatide, elementi non riconducibili alle composizioni rilevate all’interno della chiesa (Peretti 2018, p. 286).
Nell’archivio del museo degli affreschi si annoverano due restauri realizzati sull’opera, il primo nel 1975 a cura di Pierpaolo Cristani, di cui non si conservano relazioni cartacee, e il secondo nel 2001 a cura di Maurizio Tagliapietra, che stilò un’articolata relazione sull’intervento svolto e sulle condizioni delle opere prima del restauro. Il restauratore dichiara, fin dal principio, che l’intervento di stacco pilotato eseguito – probabilmente nel corso dell’Ottocento – per rimuovere le opere di Santa Felicita dal supporto originario era stato realizzato senza una demolizione preventiva della muratura: una modalità di intervento che aveva causato danni irreparabili alla pellicola pittorica, evidentemente frammentaria poiché solcata da profonde crepe. La suddivisione dei lacerti in zolle dai contorni artificiali e l’assenza di tela sul retro delle opere confermerebbe, infatti, la scelta di questo processo di distacco molto invasivo da parte dell’estrattista. La Testa di donna è l’unico frammento dei venti acquisiti dal museo nel 1879 a presentare un livellamento dell’intonaco posteriore, che potrebbe sottintendere, ipoteticamente, una diversa provenienza dell’opera e l’utilizzo di un diverso metodo di distacco, oppure semplicemente una spontanea separazione degli strati. Non è dato sapere, vista l’assenza di documentazione storica specifica, quale sia la motivazione di tale differenza nell’intonaco posteriore.
Ciò che emerge invece con chiarezza dalle fotografie realizzate durante gli interventi di restauro è che l’opera fosse stata pesantemente ridipinta dopo la rimozione (fig.2) e che tale intervento fu rimosso da Pierpaolo Cristani nel 1975, che riportò l’opera a uno stato più lacunoso nel complesso ma maggiormente filologico rispetto alle sopravvivenze della pellicola pittorica originale (fig.3). Dalla fotografia scattata da Cristani prima dell’intervento si evince un’aggiunta cospicua di pittura, con la contestualizzazione della testa in un busto interamente aggiunto dal restauratore ottocentesco.
Il più recente restauro di Maurizio Tagliapietra, invece, ha restituito all’opera una maggiore omogeneità di lettura, grazie alla rimozione delle stuccature e delle reintegrazioni a neutro realizzate da Cristani secondo quelle che erano le linee di restauro più in voga tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento (doc.1). Durante l’intervento del 2001, fu realizzata una pulitura generale della pellicola pittorica, protetta la parte policroma con velatini leggeri e colla animale e demolito il supporto di gesso con assottigliamento dello strato di intonaco. Applicate poi le tele di supporto con resina, l’affresco fu incollato sul nuovo supporto, eliminando le protezioni, e dotato di uno strato reversibile. L’intervento si è concluso con la realizzazione delle stuccature e dei ritocchi pittorici. I frammenti sono stati dunque amalgamati con stuccature a livello e recupero estetico per permettere una migliore e fruibile leggibilità e coerenza dell’opera (fig. 4).

Giulia Adami



Documenti:

Doc.1
Archivio del Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle, Relazione di restauro di Maurizio Tagliapietra, 2001.



Bibliografia:

E. Sandberg Vavalà, La pittura veronese del Trecento e del primo Quattrocento, Verona 1926, p. 351; G. Peretti, scheda in Museo di Castelvecchio. Catalogo generale dei dipinti e delle miniature delle collezioni civiche veronesi, II, Cinisello Balsamo 2018, pp. 284-285, n. 220.



Elenco immagini:

1. L’opera nelle attuali condizioni conservative.


 

2. L’opera prima del restauro di Pierpaolo Cristani del 1975.


 

3. L’opera dopo il restauro di Pierpaolo Cristani del 1975.


 

4. L’opera dopo il restauro di Maurizio Tagliapietra del 2001.