Chiesa di Santa Felicita

Chiesa di Santa Felicita




Città:
Verona

Provenienza:
Chiesa di Santa Felicita

Autore:
Secondo Maestro di San Zeno

Titolo:

Leone di san Marco

Tecnica e misure:
pittura murale staccata, 41x42 cm

Ubicazione:
Museo degli Affreschi "G.B. Cavalcaselle"

Inventario:
inv.4655-1B530

Restauri:

1975 restauro di Pierpaolo Cristani

Nel 1879 il Museo di Castelvecchio acquistò diciannove frammenti di pittura murale provenienti dalla chiesa sconsacrata di Santa Felicita a Verona, di proprietà di Teresa Ferruzzi. Di questi diciannove pezzi, entrati a far parte della collezione dei musei civici, uno fu distrutto (inv. S.n.- 1B521) durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, che danneggiarono l’ala destra dell’edificio museale nel cortile d’armi. I lacerti erano parte di un’imponente decorazione murale che ornava l’arco trionfale e le pareti dell’aula della piccola chiesa, passata di proprietà più volte dopo la sconsacrazione e adibita agli usi più vari (Guarnieri 2018, p.51). Attribuiti alla bottega del Primo o del Secondo Maestro di San Zeno, furono verosimilmente realizzati tra il Quarto e il Quinto decennio del Trecento (Sandberg Vavalà 1926, pp. 92-93, 351-352). Gran parte di questi frammenti acquisiti dalle collezioni civiche veronesi presentavano una condizione conservativa piuttosto compromessa poiché verosimilmente nel corso dell’Ottocento erano stati tenacemente ridipinti per ovviare alle profonde crepature dell’intonaco, con l’aggiunta di parti mancanti delle figure e pesanti interventi di rimodellazione dei visi.
Leone di san Marco(fig.1) fa parte del gruppo di lacerti provenienti dalla chiesa di Santa Felicita ed è stato oggetto del restauro di Pierpaolo Cristani del 1975.
Nel 1975, l’intervento di Pierpaolo Cristani aveva interessato tutti i diciotto lacerti superstiti, riportando le figure allo stato pittorico post-stacco e mettendo in luce le parti originali di pellicola pittorica rimaste intatte, con l’integrazione delle lacune a neutro. In ottemperanza al gusto archeologico del restauro degli anni Sessanta e Settanta del Novecento, le opere furono quindi riportate alla loro filologica consistenza materica, anche se con una perdita di apprezzabilità di lettura dell’immagine e di omogeneità dell’opera. Ciò che emerge infatti con chiarezza dalle fotografie storiche è la pesante ridipintura eseguita verosimilmente dopo la rimozione ottocentesca dei singoli pezzi (fig.2) con cui si dovette confrontare il restauratore nel 1975. Il restauro Cristani riportò i lacerti a un aspetto estetico più lacunoso nel complesso ma maggiormente filologico rispetto alle sopravvivenze della pellicola pittorica originale (fig.3).
Solo sei pezzi provenienti da Santa Felicita furono sottoposti a due nuovi interventi di restauro negli anni 2000, uno a cura di Maurizio Tagliapietra nel 2001 (inv.5584-1B527; inv.657-1B531; inv.696-1B534; inv.13234-1B537; inv.694-1B538) e uno a cura di Egidio Arlango nel 2004 (inv.695-1B524).
L’intervento di Tagliapietra è ben documentato da una relazione del restauratore conservata nell’archivio del Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle, dove si registra lo stato di conservazione dei lacerti prima dell’intervento e le operazioni di restauro realizzate nel corso del 2001. Il restauratore dichiara, fin dal principio, che l’intervento di stacco pilotato, eseguito probabilmente nel corso dell’Ottocento per rimuovere le opere di Santa Felicita dal supporto originario, era stato realizzato senza una demolizione preventiva della muratura: una modalità di intervento che aveva causato danni irreparabili alla pellicola pittorica, solcata all’epoca da profonde crepe. La suddivisione dei lacerti in zolle dai contorni artificiali e l’assenza di tela sul retro delle opere confermerebbe, infatti, la scelta di questo processo di distacco molto invasivo da parte dell’estrattista. La Testa di donna (inv. 582-1B533) è l’unico frammento dei diciotto esistenti a presentare un livellamento dell’intonaco posteriore, che potrebbe sottintendere, ipoteticamente, una diversa provenienza dell’opera e l’utilizzo di un diverso metodo di distacco, oppure semplicemente una spontanea separazione degli strati. Non è dato sapere, vista l’assenza di documentazione storica specifica, quale sia la motivazione di tale differenza nell’intonaco posteriore tra questo lacerto e gli altri diciassette afferenti alla chiesa di santa Felicita.
Il restauro di Tagliapietra ha restituito ai lacerti una maggiore omogeneità di lettura, grazie alla rimozione delle stuccature e delle reintegrazioni a neutro realizzate da Cristani, secondo quelle che erano le linee aggiornate di restauro più in voga negli anni Duemila (doc.1). Durante l’intervento del 2001, fu realizzata una pulitura generale della pellicola pittorica, protetta la parte policroma con velatini leggeri e colla animale e demolito il supporto di gesso con assottigliamento dello strato di intonaco. Applicate poi le tele di supporto con resina, l’affresco fu incollato sul nuovo supporto, eliminando le protezioni, e dotato di uno strato reversibile. L’intervento si è concluso con la realizzazione delle stuccature e dei ritocchi pittorici. I frammenti sono stati dunque amalgamati con stuccature a livello e recupero estetico per permettere una migliore e fruibile leggibilità e coerenza dell’opera.

Giulia Adami



Documenti:

Doc.1
Archivio del Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle, Relazione di restauro di Maurizio Tagliapietra, 2001.



Bibliografia:

E. Sandberg Vavalà, La pittura veronese del Trecento e del primo Quattrocento, Verona 1926, pp. pp. 92-93, 351-352; C. Guarnieri, scheda in Museo di Castelvecchio. Catalogo generale dei dipinti e delle miniature delle collezioni civiche veronesi, II, Cinisello Balsamo 2018, pp.51-55, n. 21.



Elenco immagini:

1. L’opera nelle attuali condizioni conservative.


 

2. L’opera prima del restauro di Pierpaolo Cristani del 1975.


 

3. L’opera dopo il restauro di Pierpaolo Cristani del 1975.