Chiesa di San Nicola da Tolentino al Paladon, San Pietro in Cariano

Chiesa di San Nicola da Tolentino al Paladon, San Pietro in Cariano




Città:
Verona

Provenienza:
Chiesa di San Nicola da Tolentino al Paladon, San Pietro in Cariano

Autore:
Domenico Morone

Titolo:

1. I santi Caterina, Leonardo, Gottardo e Domenico, pittura murale staccata, 177×288 cm, inv. 674-1B2071
2. I santi Rocco, Antonio di Padova, Onofrio e Lucia, pittura murale staccata, 177×288 cm, inv. 675-1B2070

Ubicazione:
Museo di Castelvecchio

Restauri:

1909 stacco di Attilio Motta
s.d. restauro di Giovanni Pedrocco

Le pitture murali (figg. 1-2) furono dipinte da Domenico Morone, forse coadiuvato dal figlio Francesco (Simeoni 1909, pp. 67-68) nella chiesa di San Nicola da Tolentino in località Paladon a San Pietro in Cariano, nella cappella privata della tenuta di proprietà della famiglia Verità Poeta (Marinelli 2018, p. 262, cat. 203). Nel 1909 le pitture furono staccate dalla loro collocazione originale e vennero donate, nell’anno successivo, ai Musei civici veronesi dall’allora proprietario dell’edificio, Giovanbattista Andrioli. Le pitture, ben conservate e leggibili prima della rimozione (figg.3-5), furono pubblicate da Luigi Simeoni, che restituisce le sole immagini di contesto oggi esistenti (Simeoni 1909, pp. 68-70), dal momento che la chiesa di appartenenza fu demolita pochi anni più tardi, impedendo qualsiasi possibile ragionamento sul luogo d’origine delle pitture. Gli studiosi hanno tuttavia ipotizzato che le due opere si trovassero all’interno di una cappella, collocate ai lati di un’absidiola o un presbiterio che ospitava forse una statua marmorea o una pala (Marinelli 2018, p. 264). Le fotografie storiche mostrano inoltre una tiepida indicazione dell’ordine di esecuzione delle giornate, con una prima esecuzione della struttura del polittico, forse a carico della bottega, e un conseguente intervento del maestro per le figure dei santi. Il partimento con I santi Rocco, Antonio di Padova, Onofrio e Lucia (inv. 675-1B2070) mostra la presenza, sia nella foto storica che nell’opera oggi conservata al museo, della cuspide di un’apertura polilobata, che tagli in parte la decorazione a candelabre del pilastrino posto tra sant’Antonio e sant’Onofrio. Nell’archivio del museo G. B. Cavalcaselle sono inoltre annoverate due fotografie che presentano la situazione della parete di prelievo dopo lo stacco (Brenzoni 1956, pp. 15-16 e 54-55), recanti due articolate sinopie (figg. 6-7), probabilmente disperse al momento della demolizione dell’edificio. Le sinopie delle figure si presentano inquadrate dalle linee di costruzione dell’illusionistico polittico rinascimentale, realizzato probabilmente attraverso la battitura della corda, utilizzata anche per l’esecuzione degli assi di costruzione dei corpi dei santi. Sono infatti riconoscibili gli assi verticali, attorno a cui il pittore ha costruito le figure, e due assi orizzontali, uno all’altezza dei volti e uno che attraversa i santi all’altezza del petto. Alcune figure, come quelle di san Rocco e sant’Antonio furono realizzate con un primo bozzetto del corpo nudo, poi finito con l’aggiunta degli abiti e degli attributi (Marinelli 2018, pp. 264). La volumetria dei corpi fu invece realizzata a mano libera con una sinopia scura, attraverso una pennellata liquida molto corposa che ripassa più volte le linee di contorno di alcuni dettagli, come i panneggi o gli attributi dei santi. Accanto alle teste dei santi sono visibile le iscrizioni con i nomi di riconoscimento dei personaggi, riportati in seguito, nel dipinto finito, sulla trabeazione del polittico.
L’intervento di stacco operato da Motta, sebbene non sia testimoniato da alcuna relazione scritta dal restauratore, può essere analizzato attraverso le fotografie storiche conservate nell’archivio del museo, che mostrano una cospicua perdita di intonaco lungo i tagli realizzati per dividere le aree di stacco e la formazione sulla superficie delle opere di numerose lacune e profonde crepe, che minarono definitivamente la lettura di alcuni volti dei santi ritratti, soprattutto per quanto riguarda santa Caterina e san Leonardo (figg. 8-13).
Sebbene non ne sia nota la data di esecuzione, fu registrato negli archivi del museo un intervento di restauro operato da Giovanni Pedrocco che, procedendo con la stuccatura e la reintegrazione a neutro delle lacune più vaste e con l’integrazione cromatica delle fessurazioni della pellicola pittorica sulle figure e sullo sfondo, ha restituito maggior omogeneità alla superficie dipinta e una conseguente migliore leggibilità delle figure (figg. 14-15).

Giulia Adami



Bibliografia:

L. Simeoni, Gli affreschi di Domenico Morone nella chiesetta del Paladon, in “Madonna Verona”, III, 9, gennaio-marzo 1909, pp. 67-71;R, Brenzoni, Domenico Morone. Vita ed opere, Firenze 1956; S. Marinelli, scheda in Museo di Castelvecchio. Catalogo generale dei dipinti e delle miniature delle collezioni civiche veronesi, I, Cinisello Balsamo 2018, pp. 262-263, n. 203.



Elenco immagini:

1. I santi Caterina, Leonardo, Gottardo e Domenico, inv. 674-1B2071.


 

2. I santi Rocco, Antonio di Padova, Onofrio e Lucia, inv. 675-1B2070.


 

3. L’opera prima dello stacco di Attilio Motta (1).


 

4. L’opera prima dello stacco di Attilio Motta (2).


 

5. Dettaglio di sant’Antonio da Padova prima dello stacco (2).


 

6. La sinopia emersa dopo la rimozione della pittura (1).


 

7. La sinopia emersa dopo la rimozione della pittura (2).


 

8. L’opera dopo lo stacco di Attilio Motta e la ricomposizione (1).


 

9. Dettaglio dell’opera dopo la rimozione (1).


 

10. Dettaglio dell’opera dopo la rimozione (1).


 

11. L’opera dopo la rimozione di Attilio Motta e la ricomposizione (2).


 

12. Dettaglio dell’opera dopo la rimozione (2).


 

13. Dettaglio dell’opera dopo la rimozione (2).


 

14. L’opera dopo il restauro di Giovanni Pedrocco (1).


 

15. L’opera dopo il restauro di Giovanni Pedrocco (2).