Palazzo Materossi, già Fè’ d’Ostiani

Palazzo Materossi, già Fè’ d’Ostiani

Il palazzo, posto di fronte alla chiesa dei Santi Nazaro e Celso, appartenne per molti secoli alla famiglia Fè, la quale risultava residente non distante dal posto ove sorge l’edificio attuale già dal 1556, anno in cui il capostipite della casata, Feo de Battoncelli, fu ammesso con provvisione al patriziato bresciano. L’edificazione del palazzo odierno, tuttavia, si deve a Giulio Fè, il quale nel 1711, a seguito del matrimonio con Cecilia Cigola, commissionò un progetto all’architetto bolognese Manfredi da erigersi sul terreno ove si trovavano alcune case appartenute alla famiglia Uccelli, acquistate all’inizio del Settecento da Marcantonio Fè, padre di Giulio. Come ricostruito da Fausto Lechi grazie ai progetti e i documenti rinvenuti presso l’archivio della famiglia, i lavori per il palazzo iniziarono nel 1716, subendo però sostanziali modifiche nel 1720, ovvero quando subentrò alla direzione del progetto Giovan Battista Marchetti.

La pianta dell’edificio è, come nella più tipica tradizione bresciana, quella a ferro di cavallo. Per via della sua disposizione su corso Giacomo Matteotti, il palazzo offre verso l’esterno una sola facciata che, tuttavia, si distingue da quelle vicine per il pregio e la bellezza delle sue soluzioni scultoree e architettoniche. Di gusto barocco, il prospetto è racchiuso, lateralmente, da paraste bugnate e, in alto, da un massiccio cornicione con coppie di mensole a riccio. Il resto della facciata è organizzato su tre registri disposti in maniera simmetrica rispetto all’asse centrale, formato dal grande portale ad arco e dalle colonne che sostengono il balcone del piano nobile. Dei tre livelli, il più sobrio è quello corrispondente al pian terreno, presentando semplici finestre la cui unica decorazione è l’andamento curvilineo della modanatura superiore e il davanzale sostenuto dai triglifi appoggiati alle aperture del piano interrato. Le finestre del piano nobile, invece, mostrano un intervento scultoreo maggiore, essendo formate da un timpano spezzato che, al suo interno, contiene un frontone circolare arricchito da trofei d’armi e, alternatamente, sovrastato da un secondo timpano triangolare. Completa il piano nobile la portafinestra del balcone, la quale presenta un timpano spezzato retto da due colonne ioniche contenente uno scudo araldico privo di stemma. Il terzo livello è ornato da nove finestre caratterizzate da parapetti di ferro battuto e timpani spezzati “a riflesso”, nel cui centro si trova scolpita una conchiglia.

Edoardo Lo Cicero

 
Bibliografia:

Luigi Francesco Fè d’Ostiani, Il Palazzo Fè e la chiesa di S. Nazzaro, in “Illustrazione bresciana”, a. 4, n. 45, 16 gennaio 1905, pp. 3-5.

Gaetano Panazza, Affreschi di Marco Marcola nel Palazzo Fè d’Ostiani, in “Giornale di Brescia”, calendario 1963.

Fausto Lechi, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia, Vol. 6: Il Settecento e il primo Ottocento nella città, Edizioni di Storia Bresciana, 1977, pp. 302-319.

Stefania Cretella, Palazzo Materossi, già Fè d’Ostiani, in Stefania Cretella (a cura di), Miti e altre storie. La grande decorazione a Brescia. 1680-1830, Grafo, Brescia 2020, pp. 207-2015.

Stefania Cretella, La decorazione Settecentesca di Palazzo Fè d’Ostiani tra nuove attribuzioni e letture iconografiche, in “ Arte Veneta”, LXXVI, 2020, pp. 166-181.